Seguimi

All’origine della sequela c’è una chiamata

L’uso evangelico più caratteristico del verbo seguire si trova nei racconti di vocazioni.

Mc 1, 16-20

Passando lungo il mare della Galilea, Gesù vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Ed egli disse loro:Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini”. E subito, lasciate le reti,  lo seguironoAndando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.

Mt 4, 18-22

Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”. Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguironoAndando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.

Lc 5, 1-11

Un giorno, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca”. Simone rispose: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore”. Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

seguimi
Marco narra immediatamente la vocazione dei primi quattro discepoli. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, andarono dietro a Lui
(Mc 1, 20).

Con questo, siamo in possesso dei vocaboli che costituiscono la terminologia del tema della sequela nel Nuova Testamento, la quale comprende, fondamentalmente, verbi:
1) aklouthéô che significa seguire
2) e érchomai, che, accompagnato dall’avverbio opísô forma un’espressione che vuol dire ‘andare dietro’ (érchoma = andare; opísô = dietro)

Questi verbi sono sinonimi o interscambiabili. La stessa scena si ritrova, sostanzialmente, ma con diverse sfumature e sottolineature, nei passi paralleli di Mt 4, 18-22  e Lc 5, 1-11. Questi due racconti, infatti, terminano ugualmente con le parole: ‘e lo seguirono’.

Nei tre Sinottici, la parola si trova al presente nella bocca di Gesù: “SeguiMi!”, come se questo appello continuasse a risuonare per ogni uomo che ascolta il Vangelo.(PIERRE. ADNES, S.J. Sequela e imitazione di Cristo, Roma, 1994. P. 28-29)

I Consigli Evangelici Nei tre Sinottici, la parola si trova al presente nella bocca di Gesù: “SeguiMi!”, come se questo appello continuasse a risuonare per ogni uomo che ascolta il Vangelo.(PIERRE. ADNES, S.J. Sequela e imitazione di Cristo, Roma, 1994. P. 28-29)

Il Vangelo, la Chiesa , le nostre Costituzioni e la nostra vocazione esigono che le Orsoline Missionarie del Sacro Cuore siano persone di Dio per la salvezza del mondo. Esse scelgono, anche se vivono nel mondo, di essere persone crocifisse per il mondo e per le quali il mondo stesso è stato crocifisso (Gal 6, 14). Persone nuove che si sono spogliate dell’amore di sé per rivestirsi di Cristo, umile, casto e ubbidiente: (Col. 3, 9), rinnovandosi nello spirito e rivestendosi dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità della verità (Ef 4, 23-24). Una regola di questa vita nuova è: “Ciascuno dica la verità al suo prossimo perché sono membra gli uni degli altri”(Ef  4, 25).

E, come dice S. Paolo, “nelle fatiche, nelle veglie, nelle sofferenze hanno purezza, sapienza, pazienza e benevolenza, spirito di santità, amore sincero verso il fratello che è vicino e lo confortano se sbaglia perché non soccomba sotto il peso di un dolore troppo forte”. Verso i fratelli prendono decisioni di carità sempre. Perdonano e sono ubbidienti. (2 Corinzi 2, 6-10).  Negli avvenimenti prosperi e nelle difficoltà avanzano verso la patria celeste e annunciano agli uomini di ogni razza, nazione e lingua e religione, la parola evangelica:  “Gesù è il Cristo!” “Andate, ditelo a tutti” (Marco 8-27).(M. L. Cappelletti)

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Noi viviamo tutto questo: servendoci del vissuto dei Consigli Evangelici, della vita fraterna (spesso in comunità), la nostra vita di preghiera (il nostro rapporto con Dio), la nostra realtà umana, lavorando in qualche modo per il Regno (educando la gioventù, avendo cura degli ammalati, predicando la Parola di Dio, facendo la catechesi, contemplando il mistero di Dio, ecc.

La  vocazione  dell’Orsolina Missionaria del Sacro Cuore

La fase della sequela in Galilea ci mostra due elementi, che hanno una grande importanza a livello educativo. Primo: seguire Gesù, divenire suoi discepoli, significa vivere con lui nella vita di ogni giorno. E’ attraverso tutto quello che Gesù dice, fa, vive che si forma la personalità del discepolo. Condividendo la sua vita, i discepoli imparano a conoscerlo dal vivo. Ciò vale anche oggi.Secondo: l’elemento della gradualità. La sequela richiede, all’inizio, una scelta decisa e senza riserve; ma poi ha bisogno di una crescita lenta. Si tratta di valori da assimilare, che pian piano formano un modo di vedere e giudicare le cose, una mentalità nuova che guida nelle scelte della vita.

La vita religiosa è una seguire Gesù, una “sequela Cristi”, un imitare Gesù. Se Gesù è un inviato dal Padre per la salvezza del mondo, e se Gesù, per compiere la volontà del Padre, ha subito la morte in croce, è chiaro che nel centro della vita religiosa deve esserci il desiderio e la realtà di “essere inviati” per collaborare con l’opera redentrice di Gesù, perfino con la croce.

La vita religiosa comincia con l’esperienza di una chiamata del Signore. Nessuno diventa apostolo (inviato) senza essere scelto e chiamato dal Signore. Ricordiamo la nostra prima chiamata, fu una chiamata di amore. In ogni vita religiosa c’è un segreto di mutuo amore: di un amore che ci amò per primo, di una risposta di amore. Se non c’è chiamata, non c’è vocazione. Vocazione viene del latino ”vocatus” (= chiamato), chiamato dal Signore.

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La chiamata del Signore è, prima di tutto, una chiamata “ad essere con Gesù”, ad essere con Gesù, nella preghiera, nella contemplazione. Da questo “essere con Gesù”, nasce poco a poco una conoscenza più profonda di Gesù. Conoscendo di più Gesù, lo si ama di più, e amandolo di più scaturisce il desiderio di seguirlo, di imitarlo, e di essere “inviati” per la salvezza del mondo. Imitare Gesù implica radicalità: come Gesù si è spogliato di tutto per salvarci, così il religioso deve spogliarsi di tutto per collaborare con Gesù per la salvezza del mondo: cioè vivere con cuore indiviso, rinunciare a crearsi una famiglia, testimoniare con la povertà la preminenza dei beni celesti (OMSC Cost. 1984 (2001), p. 39, N° 28), vivere in obbedienza, pronti ad andare in qualsiasi parte del mondo per portare la buona Novella ad imitazione del Signore: “fatto obbediente fino alla morte e morte di croce” (Fil 2,8)

La missione, quella di Gesù e quella nostra, sono intimamente collegate con l’obbedienza. Lo diciamo nelle nostre Costituzioni: ” La professione dell’obbedienza configura la religiosa al Cristo che umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e morte di croce, per fare la volontà del Padre (OMSC Cost. 1984 (2001), p. 44, N° 41). Gesù è il Grande Obbediente. Le prime parole di Gesù secondo l’epistola agli Ebrei furono: “Entrando nel mondo, Cristo dice al Padre: Tu non hai voluto né sacrificio  né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo -poiché di me sta scritto nel rotolo del libro- per fare, o Dio, la  tua volontà” (Eb 10, 5ss). E nel testamento dell’ultima cena, Gesù, che è la verità, disse, alzati gli occhi al cielo; “Padre, io ti ho glorificato sulla terra compiendo l’opera che mi hai dato da fare: ho fatto conoscere il tuo  nome agli uomini” (Gv 17, 6). E le ultime parole sulla croce furono: “Tutto è compiuto” (Gv 19, 30).

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Imitare radicalmente Gesù non è facile; condividere fino in fondo la missione di Gesù porta ad una morte, una morte però aperta alla risurrezione. Non si concepisce “missione” senza obbedienza. E non si concepisce “obbedienza” senza amore. Solo l’amore per Gesù ci spingerà ad imitare Gesù, il grande Obbediente, e a portare avanti e sempre meglio la missione di Gesù.

Infatti, la missione passa attraverso la croce ed il dono di sé. « Ma non abbiate paura: avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli  estremi confini della terra» (At 1, 8). L’apostolo, l’inviato alla difficile missione di cooperare alla salvezza del mondo, sa di poter contare sulla presenza di Gesù e sulla forza dello Spirito Santo. Questa certezza dà vigore al suo servizio evangelico e lo spinge ad essere audace e pieno di speranza, nonostante le difficoltà, i pericoli, l’indifferenza e le sconfitte.

Chi sceglie la vita religiosa esprime la propria dedizione a Dio, sommamente amato, e vede nella pratica dei consigli evangelici, approvati dalla Chiesa, un dono del Signore che, rendendo più piena la grazia della consacrazione battesimale, libera dagli impedimenti che possono distogliere dal fervore della carità e dalla perfezione del culto divino e rende più disponibili per il servizio di Dio nella Chiesa. [ (OMSC Cost. 1984 ( 2001),  p. 35,  Cap. 5) ]. (da: Conferenza di P. F. Egaña  s.j.)