Il Volto missionario nel mondo di oggi che cambia

              Un breve riflessione sulla vita missionaria

“La Chiesa in uscita” : la sfida di Papa Francesco sulla chiamata al mandato missionario di Gesù” (EG.19)

         Guardando alla situazione del mondo che sta diventando sempre più secolarizzato, mi chiedevo che cosa potrebbe fare la Chiesa per rendersi più rilevante. Come potrebbe continuare la sua missione per portare i fedeli sul sentiero che porta alla strada giusta? E qual è il mio ruolo di religiosa e missionaria nella missione della Chiesa in questo mondo che continua a cambiare? Quale contributo potrei dare in questa missione che Papa Francesco chiama: “ la Chiesa in uscita”?

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         Perfectae Caritatis 2,c  dice: “Tutti gli istituti partecipino alla vita della Chiesa, facciano propri (…) le sue iniziative (…)” Le nostre Costituzioni hanno fortemente sottolineato la collaborazione della Congregazione alla missione della Chiesa: “Con apertura ai tempi, anche “ad gentes” in collaborazione con la chiesa locale “ (intro al n.2).  La vitalità del carisma del nostro Istituto può suscitare nuove scelte,(…); perciò alcune religiose, (…) potranno venire occupate in attività non indicate esplicitamente nelle Costituzioni, ma conformi al fine dell’Istituto (n.6). Aperta ai segni dei tempi, Il nostro Istituto, pur restando fedele alla sua missione, cerca di adeguarsi alle esigenze sempre nuove della evangelizzazione (n.5).

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         Più leggo i documenti della chiesa e le esortazioni del Papa sul ruolo della vita religiosa nella Chiesa del mondo odierno, più mi chiedo: “come si manifesta lo spirito missionario in quello che “sono” e in quello che “faccio”? Quando guardo intorno a me, la mia identità missionaria come Orsolina Missionaria del Sacro Cuore è in questione. Quello che faccio che considero “apostolato”, e quello che sono come religiosa, rispondono alle esigenze della Chiesa di oggi? Le nostre Costituzioni dicono che dobbiamo adeguarci ai segni dei tempi e in effetti questo è ciò a cui la Chiesa ci sta incoraggiando in questo momento. Papa Francesco incoraggia i religiosi a “svegliare il mondo!”, ma penso che, prima che riusciamo a svegliare il mondo, dobbiamo essere noi a svegliarci dal nostro “sonno”, a svegliarci dalla vita a cui siamo abituati e in cui ci sentiamo più a nostro agio, perché quella vita potrebbe non essere più rilevante in questo mondo moderno. Quando saremo in grado di farlo allora saremo anche in grado di svegliare il mondo. “L’immobilismo non è adatto alla testimonianza cristiana e alla missione della Chiesa” (Angelus 2 febbraio 2020) e Papa Francesco continua: “Quando la Chiesa non esce, si ammala di tanti mali” (Angelus 20 settembre 2020) di qualsiasi tipo.        

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         Ringrazio Dio con gratitudine per avermi dato la possibilità di “uscire”:  prima di tutto, di uscire dal mio Paese per sperimentare un’altra realtà della Chiesa diversa da quella che avevo; poi di uscire dalla mia comunità religiosa a sperimentare la vita delle persone fuori dai quattro angoli delle nostre case religiose; infine di uscire per incontrare chiunque nelle diverse periferie della vita.

         Nella parrocchia dove sono mandata, forse non ho mai fatto niente di eccezionale e spettacolare che mi rendesse grande agli occhi delle persone. Infatti alcuni dicono che in Corpus Domini non sto facendo nulla perché da tanto non abbiamo più la scuola. Da parte mia, potrebbe essere vero che io non abbia fatto nulla di fenomenale, perché faccio solo quello che la situazione del momento mi chiede di fare, grande o piccolo che sia, ma, è proprio nelle loro “piccolezze e ordinarietà”, che ho scoperto che finché metto l’amore su quelle piccole e ordinarie cose che faccio, diventano grandi e straordinarie agli occhi della fede, soprattutto, perché portano gioia dentro di me. Per questo motivo non ho mai considerato quello che sto facendo come “niente” perché mi interessa, prima di tutto, il frutto sulle persone con cui ho avuto contatto e, solo secondariamente, il risultato su di me come Cristiana. Ripeto che sono sempre grata a Dio per questa esperienza missionaria completamente diversa da quella a cui ero abituata nel mio paese.il_volto_missionario3

         Incontrare persone provenienti da diversi ceti di vita è un’esperienza arricchente. Vivere nella canonica della Parrocchia con i vicini profughi provenienti da un’altra parte del mondo, e avere, anche come vicina di casa, una grande famiglia, con una stupenda missione nella Chiesa, vivendo in modo come se fossimo un’unica famiglia, condividendo tutto ciò che abbiamo come il cibo, le nostre presenze, dare aiuto quando necessario e quando riusciamo, è una esperienza di cui fare tesoro. Portare Gesù nel Santissimo Sacramento a coloro che sono ammalati e anziani che non sono in grado di venire in Chiesa ma hanno desiderio di tenersi in contatto con Lui, è il privilegio più grande da parte nostra. Andare nelle case a trovare gli anziani, spesso soli, e ascoltare i loro lamenti e le loro storie tristi e dire qualche parola di incoraggiamento e consolazione, è una cosa semplice che facciamo, ma potrebbe essere un evento indimenticabile nella loro vita. Ci sono però anche quelli che, nonostante la loro situazione di solitudine nella vita, vedono gli aspetti positivi e condividono con noi la loro saggezza. Il loro sorriso e il loro semplice gesto nell’accettare la vita così com’è è ciò che mi ha fatto capire che nella vita c’è poco spazio per lamentarsi. Questo tipo di apostolato non è mai piccolo. L’impatto della nostra presenza su di loro e la loro presenza su di noi fa la differenza. Andare nelle diverse famiglie con il parroco per la benedizione delle case, è una bella esperienza perché lì dove sono, ho incontrato le diverse situazioni che forse non avrei conosciuto se non fossi uscita da dove mi trovo. Aiutare nella distribuzione del cibo ai poveri alla “Caritas” è un’altra esperienza edificante. Possono essere poveri, ma incontrarli e parlare con loro mentre diamo loro da mangiare, mi fa affrontare la mia propria povertà sotto diversi aspetti. Durante il lockdown totale, quando tutti si sono chiusi nelle loro case per sicurezza, ero fuori ad aiutare due persone anziane a essere al loro servizio nei loro bisogni di salute. Avevo paura del pericolo della pandemia mentre facevo il servizio, ma è bello pensare che, nonostante la paura, ho potuto essere di servizio attraverso un piccolo gesto. Animare le liturgie per aiutare le persone ad entrare nella preghiera è una vera esperienza di appartenenza a una comunità, dove i membri lavorano insieme per raggiungere un unico scopo: camminare insieme verso di lui.

         Per tutte queste esperienze devo ringraziare tanto il Signore e anche tutte le persone che ho incontrato e che hanno contribuito affinché tutto questo accadesse. Mentre rifletto sulla mia vita missionaria, con tutto ciò che ho fatto per i nostri fratelli e sorelle, grandi e piccoli, insieme con le altre persone in Parrocchia, direi che per me sono tutte, esperienze straordinarie non perché sono eccezionalmente grandi cose, ma per il grande impatto che hanno su di me, come cristiana, religiosa e missionaria.il_volto_missionario5

         Sono convinta che poter fare le esperienze citate sopra, è un modo di rispondere a ciò che il Papa ci chiede quando ci incoraggia ad “uscire”, a cercare coloro che sono persi e a portarli a Gesù. Incontrare le persone nelle loro periferie e a stare con loro dove sono, è anche incontrare Gesù in loro. Questo incontro semplice potrebbe portare un grade impatto di fede a noi, anche se loro non sono consapevoli di questo. Mi ricordo di due esperienze di grande fede espresse da due bambini semplici appartenenti a due famiglie diverse di questa Parrocchia. Nel tempo Natalizio qualche anno fa, durante la celebrazione della messa, è arrivata tutta la famiglia. Di solito si mettevano ai primi banchi della Chiesa. Mentre andavano al loro solito posto, la bimba di cerca cinque anni ha notato il presepio fatto dai bimbi della scuola materna. È rimasta tanto incantata dalla bella scena accompagnata dalle luci intermittenti, che si è prostrata in ginocchio davanti al presepio con la parola: “O Dio mio!”. L’ho sentita perché ero vicina a lei. Mentre in un’altra occasione fuori dal periodo natalizio, un’esperienza di fede è stata espressa da un fratello minore di un ragazzino che, dopo la messa, di solito chiedeva l’ostia non consacrata perché diceva che da grande, voleva farsi sacerdote. Suo fratello minore aveva circa tre o quattro anni. Il padre, dopo la messa, lo cercava in mezzo alla folla. Con mia grande sorpresa, il padre ha trovato il suo piccolo davanti al Tabernacolo inginocchiato in mezzo alla confusione. Questi sono gli avvenimenti che non ci si aspetterebbe dai bambini del tempo presente, ma grazie a Dio ci sono delle belle famiglie che non hanno mai dimenticato la loro missione verso i loro figli. In verità Dio usa molte persone, anche i bambini, per ricordarci di Lui. Queste esperienze hanno avuto un effetto forte su di me che rimarrà per sempre. Chiunque può diventare agente di evangelizzazione. L’evangelizzazione non è un impegno che compete solo al clero e ai religiosi, ma anche alle persone semplici perché caratteristico del missionario, secondo Papa Francesco, è agire come facilitatori, e non come controllori della fede.

         Alla fine della riflessione, mi sento di ringraziare il primo gruppo delle Suore Orsoline Missionarie venute nelle Filippine, Suor Clara Bruno, Suor Anna Maria Mazzucchi e Suor Pia Rosas, il cui grande zelo missionario mi ha spinto a scoprire la mia vocazione. Nel tempo che impiegherà questo articolo a raggiungere Sr. Pia, credo che in cielo, Sr. Clara e Sr Anna Maria, saranno sorridenti e felici ringraziando Dio per averle usate come suoi strumenti per ispirare molti nel loro zelo missionario.

                                                                                     Sr.Ninfa Montano, Omsc