CENNI BIOGRAFICI di M. Zileri


CENNI BIOGRAFICI DELLA SERVA DI DIO

Madre Maria Lucrezia Zileri

DELLE ORSOLINE DI PARMA

PER CURA DELLE MADRI ORSOLINE DEL SACRO CUORE DI PARMA

1938 – XVI

La Madre Maria Lucrezia Zileri nacque a Parma il 1 Agosto 1839, dal Conte Giulio Zi­leri e dalla Contessa Lucrezia Dal Verme. Nel S. Battesimo le fu imposto il nome di Drusilla, che poi cambiò in Lucrezia quando coi santi Voti si consacrò a Dio.

Il padre, uomo di specchiata integrità di vita e di principi rigidamente cristiani, era in altissima considerazione presso i Duchi di Parma. Fu Podestà di questa Città; nel 1850 fu inviato Governatore a Piacenza e decorato del titolo di Gran Ciambellano di Corte. La Madre era dama di animo nobilissimo e ricca di virtù: tutta dedita alla famiglia, edificò con la sua vita esemplarmente cristiana.

Drusilla passò i primi suoi anni fra le agia­tezze della casa paterna, nella quale però era educata all’austerità delle virtù cristiane sotto la guida dei suoi ottimi genitori. Nell’anno 1848 dovette con i suoi cari esulare dalla città natale; fu condotta prima a Vicenza e quindi a Ferrara. Dopo la sconfitta di Novara, i Duchi ri­tornarono a Parma: ritornò pure la famiglia Zileri, la quale però riprese la via dell’esilio nel 1859.

All’età di 10 anni, e cioè nel 1849, Drusilla venne affidata per la sua educazione alle Da­me Orsoline di Parma, presso le quali stette sino al 1857. Penò assai ad assuefarsi alla vita di Collegio, ma poi, superata ogni difficoltà, divenne un modello di educanda: sempre buo­na, pia e diligente nell’adempimento dei suoi doveri. Dotata di intelligenza non comune, presto si distinse nelle lettere, nella musica e nel lavoro. A 18 anni, completata la sua edu­cazione, lasciò il Collegio e ritornò in famiglia. Ma vi tornò col germe nascosto in cuore di una vocazione speciale, quella alla vita religiosa. La zia materna, Contessa Drusilla Loschi Dal Verme di Vicenza, vedova senza figli, avrebbe lasciato il suo pingue patrimonio a Drusilla se avesse acconsentito a sposare un distintissimo giovane che ella le proponeva. Ma la Contes­sina Drusilla oppose alle gentili proposte un garbato ma reciso rifiuto, dichiarando che il suo cuore era stato già donato ad altro Sposo. Ed era decisa Drusilla di entrare, come reli­giosa, in quell’Istituto ove era stata educata. I suoi genitori, benché loro sanguinasse il cuore per il distacco dalla cara figliuola, non oppo­sero resistenza alla volontà del Signore. Cosi essi stessi i1 7 Agosto 1858 accompagnarono la loro figliuola diletta all’Arca Santa, affidan­dola alle Madri Orsoline di Parma.

Oramai Drusilla è Novizia Orsolina. La vita di Noviziato le parve dolcissima; ma gli avvenimenti politici e la rivoluzione del 1859 misero a dura prova la sua vocazione, poiché dopo la battaglia di Solferino e i preliminari di Villafranca, il Conte Zileri capì che non c’era più da pensare alla restaurazione del go­verno della Duchessa, e dovette quindi rasse­gnarsi di nuovo all’esilio. La Contessa sua mo­glie fece chiedere alla figlia Drusilla, ancor libera di sé, se non avesse voluto seguire i suoi Cari. Ma la giovane rispose che non avrebbe abbandonato lo Sposo celeste a cui si era data in eterno.

Continuò alacre il suo Noviziato, solo fi­data in Dio, e si preparò alla festa dei suoi santi Voti che, con una sola compagna, emise in una solennità intima, segretissima il 21 no­vembre 1859. Fu nella Professione che le venne cambiato i1 nome di Drusilla in quello di Lucrezia. Le lettere di quel tempo serene, af­fettuose, sicure ci fanno sentire come le fosse dolce l’unione di preghiere con i suoi Cari mentre era priva della loro presenza e quasi di loro notizie. Scriveva alla Cognata, moglie di suo fratello Camillo: «Ti assicuro, mia cara Sorella, che non cambierei la mia sorte per tutte le ricchezze del mondo».

Negli anni di Noviziato, e nei seguenti fino al 1870, S. M. Lucrezia visse nell’oscurità: il Signore permise che in quei primi anni fossero quasi dimenticati il suo ingegno e le sue abi­lità, e, mentre altre giovani Consorelle erano impiegate nell’ufficio di educatrici e maestre, essa veniva addetta alle occupazioni domesti­che di guardaroba, sagrestia, ecc. nelle quali rimase tranquilla e serena, paga di compiere la volontà di Dio.

Il 12 novembre 1868, Madre Lucrezia ri­maneva orfana della madre; la distinta e pia Signora era stata chiamata al premio celeste. Quanto ne soffrisse in cuore la figliuola, non è a dire; ma l’uniformità del suo volere al volere di Dio era così forte, che l’anima sua, pur nella sventura atroce, seppe mantenersi calma e serena.

Una immensa gioia però le procurava il suo Sposo Divino.

Il Babbo dilettissimo, Conte Giulio, rima­sto vedovo, rinunciava al mondo, e vestiva l’a­bito Ecclesiastico. Fu quindi ordinato Sa­cerdote. Drusilla ebbe la gioia, di ascoltare nel Collegio S. Orsola una delle prime Messe celebrate dal suo Babbo e di ricevere dalle sue mani la SS. Comunione. Erano presenti il fra­tello, la cognata e i loro figli. Il Conte Giulio entrò poi nella Compagnia di Gesù e divenne P. Giulio.

Sul principio dell’anno scolastico 1871-72, venne affidata alla Sorella Zileri la direzione dell’Educandato. Ella comprese tutta la re­sponsabilità di quell’ufficio, tanto più che pre­sto si accorse che nel Convitto, non numeroso, ma composto di figliuole di famiglie nobili e distinte, s’era introdotta una certa indiscipli­na e qualche spirito di mondanità. Si tracciò un programma, basato sulla tradizione educa­trice del Collegio: sistema familiare e ma­terno; guadagnarsi il cuore delle fanciulle per portarlo a Dio; nulla innovare, almeno nel principio, ma molto osservare.

Le alunne pre­sto si accorsero che un occhio vigile le seguiva sempre, ed ebbero per la loro educatrice stima ed affetto. La sorella M. Lucrezia però comprese che era necessario un aiuto dall’alto, e caldeggiò il progetto di istituire nel suo Con­vitto la Congregazione Mariana, che fu la ru­giada benefica, che rinfrescò e avvivò le tenere pianticelle. Da quel punto l’Educandato di­venne il giardino prediletto di Maria e della Madre Zileri; giardino che fiorì e diede frutti abbondanti: parecchie di quelle giovinette si consacrarono a Dio e molte divennero spose e madri esemplarmente cristiane.

Frattanto la buona Madre divenuta altresì Maestra delle Novizie, andava osservando e studiando: la sua Comunità era buona e fer­vente, ma non vincolata a Dio e alla Chiesa con i Voti religiosi. Le Orsoline erano vergini, dedicate al Signore con i Voti di Castità e di Per­manenza nell’Istituto, ma ciò non bastava più alle aspirazioni delle nuove Spose di Cristo, che volevano dar tutto a Lui e, in pari tempo, lavorare nei vasti campi dell’Apostolato. Que­sto era il voto segreto di alcune compagne della Madre Zileri, voto che si accentrava in Lei. A questo scopo erano rivolte le sue preghiere; e quando, nel 1886, la Madre Tardiani, no­vantenne e quasi cieca, depose il grave peso del Superiorato, tutte, giovani e anziane, vi­dero nella Madre Zileri la eletta del Signore a prendere il governo dell’Istituto.

Nei primi anni del suo primo superiorato (1886-’91) nulla innovò; molto si valse del pa­rere delle sue Consultrici, e specialmente di quello della Madre Tardiani, che circondò di affetto e di rispetto filiale. La Madre Zileri fu Madre a tutte, più con l’amore che con l’au­torità, e inculcò, più con l’esempio che con le parole, l’affetto alle cose spirituali e l’esatta osservanza delle Regole, sì che tutte riposero in Lei una filiale fiducia. Nell’orazione, e nello studio delle antiche memorie domestiche, andò maturando il disegno di rianimare con un nuovo soffio di vita il suo Istituto, orientan­dolo altresì verso i nuovi bisogni della società a gloria di Dio e a bene delle anime.

A questo fine, raccolse le memorie edifican­tissime, conservate nell’archivio domestico, della vita di «Vittoria dei Conti Masi». “affinché, essa dice, ispirandoci tutte agli esempi della nostra Madre Fondatrice, e con sempre maggiore alacrità di cuore continuare a vivere secondo lo spirito del nostro Istituto”. Dalle anziane nulla di nuovo la Madre Zileri esigeva; per le giovani, ardenti ed entrate a patto di essere vere Religiose, fu quel tale libretto una radiosa luce che parve dare novelle ali al fervore. E a San Мichelino, nuova villeggiatura del Collegio, la Madre andò educando alla povertà e al distacco le sue Novizie. Prima che si eseguissero i lavori di adattamento, la casa non era capace di alloggiare tutta la Comunità; e allora la buona Madre, assegnato alle Educande il piano nobile, riservò per sé, per le sue Novizie, per le giovani Sorelle, il piano a tetto, cagione questa di santa letizia per la Priora e per le sue giovani figlie che, con la poesia della santa Povertà, andavano formandosi alla pratica delle virtù e alla vita completamente comune che la Madre voleva ristabilire in pieno vigore.

Altra mira che si era prefissa la Madre Zileri era il ridonare al suo Istituto la primiera autonomia, poiché, dal 1873, una Commissione governativa presiedeva all’amministrazione e alla direzione delle scuole del Collegio S. Orsola, in seguito a un decreto, firmato da Vittorio Emanuele II, in data 2 agosto, in virtù del quale, “il Collegio stesso, fın dalle sue origini gestito come istituzione laica, di proprietà delle Dame Orsoline, passava alle dipendenze del R. Governo” e, venti anni dopo, cioè nel 1893, un secondo decreto proibiva che “fossero nominate quali Maestre le Signore appartenenti « alla Associazione disciolta del Collegio S. Orsola », le quali non potrebbero più crescere di numero”.

La Madre Zileri rimase calma ed esortò ad una fervida preghiera, ponendo sé e la sua Comunità sotto il patrocinio di S. Giuseppe. Indi, per mezzo dell’On. Basetti, padre di una Educanda, ottenne la revoca del decreto e il riconoscimento dei diritti dell’Associazione in pieno vigore di vita. Né di ciò paga, si decise a rivendicare dal Governo la perfetta autonomia.

E l’ottenne pienamente con un processo intentato contro il Governo. La causa delicatissima venne trattata, col patrocinio dell’Avv. Corso Donati di Firenze, presso il Tribunale civile di Parma. La sentenza fu quale si desiderava. Il tribunale, in data 24 giugno 1898, dichiarava «II Collegio S. Orsola istituzione laicale di fondazione privata». La Venerata Madre aveva riportato piena vittoria.

Già da qualche anno (1879-80) era sorta a Milano, tra mille peripezie e difficoltà, per iniziativa della Madre Tardiani, coadiuvata dalla Madre Zileri, una nuova Casa di Orsoline. Lo scopo principale era quello di trovarsi in un ambiente libero da ogni ingerenza governativa. Ben presto la Divina Provvidenza mandò buoni soggetti alla Casa di Milano, sì che là il Noviziato poteva dirsi fiorente. La Madre Zileri decise poi di chiudere il Noviziato a Parma e di trasferirlo a Milano, indi fissare là la sua sede.

Là elaborò le nuove Regole per dare forma canonica all’Istituto, e per avviarlo ad una maggiore perfezione religiosa. Il lavoro, a detta di illuminate persone, che la Serva di Dio consultò, riuscì un vero codice di virtù religiosa, indirizzata al duplice scopo a cui mira l’Istituto; la santificazione dei propri membri e la salvezza delle anime, sopra tutto con l’educazione della gioventù.

La sera dell’11 Ottobre 1891, quando le ultime Novizie di Parma passarono a far parte della Comunità, la Madre Zileri, raccolte in adunata solenne tutte le Madri e Sorelle, lesse una sua materna esortazione, con cui le animava a fedeltà sempre maggiore nell’osservanza delle Regole, all’esattezza, non solo di tutti gli esercizi spirituali, ma anche in tutti gli atti comuni: lavoro, ricreazione, lettura…. e stabiliva che il Ritiro spirituale mensile, fino allora praticato da ciascuna per conto proprio, si facesse per l’avvenire da tutta la Comunità in uno stesso giorno, eccitandosi così a una santa gara di nuovo fervore. Tutte risposero alle calde proposte della Madre, e se ne videro i frutti in un consolante progresso di vita religiosa.

Negli ultimi giorni dell’aprile 1898 la Venerata Madre partiva per Roma affine di sottoporre il testo delle nuove Regole all’approvazione della Santa Sede. Durante il suo soggiorno a Roma ebbe due colloqui con l’Eminentissimo Cardinale Mazzella, Protettore dell’Istituto. L’Eminentissimo, al quale la Madre, nella prima visita, aveva consegnato il manoscritto affinché lo esaminasse e pronunciasse il suo giudizio in merito, dimostrò alla medesima, nella seconda udienza concessale, tutta la sua più viva soddisfazione per un lavoro organico così ben condotto, e si compiacque insegnarle la via per ottenere la desiderata approvazione.

La Venerata Madre, con la sua compagna, ebbe pure la fortuna di un’udienza privata dal Santo Padre Leone XIII, da cui ottenne parole di paterno affetto e di assicurazione per la vittoria della causa. Ed ebbe pure la consolazione di un colloquio con il Rev. Padre Generale della Compagnia di Gesù, Lodovico Martin, il quale, sentito del lavoro a cui ella attendeva, le promise l’assistenza continuativa di qualcuno dei suoi Padri, anche per riconoscenza, disse egli, al Collegio delle Orsoline, che in tempi burrascosi tanto si erano mostrate coi fatti devote alla Compagnia di Gesù.

La Venerata Madre se ne tornava tutta lieta col suo manoscritto ed ogni cosa apprestava secondo i ricevuti consigli, sicché, nell’ottobre seguente 1898, tutto l’incarto partiva per Roma, accompagnato dalle commendatizie di Mons. Magani, Vescovo di Parma, e di Sua Eminenza il Cardinale Ferrari, Arcivescovo di Milano, con calda supplica della Madre al Santo Padre per l’approvazione del suo Istituto e delle Regole. Nel febbraio del 1899, la Madre Zileri, invitata dal Cardinal Mazzella, si recava a Roma, e dall’Eminentissimo riaveva il suo manoscritto con le osservazioni del Consultore, il Rev. Padre Corrado dei Chierici Regolari della Madre di Dio. Presentatasi a questo la Rev. Madre, egli le mostrava grande soddisfazione delle pagine lette, nelle quali si rivelava l’indole bella dell’Istituto e lo spirito di Dio che lo guidava; trattò poi con lei di alcune modificazioni da introdursi, sulle quali fu facile l’intesa, immediato l’accordo.

Il 31 maggio 1899, giungeva a Parma il sospirato Decreto di approvazione segnato in data 8 maggio: due date mariane che colmavano di giubilo la Comunità. Nella prima esortazione, che la Rev. Madre fece l’ottobre seguente nella circostanza della Rinnovazione dei Voti, esprimeva la sua soddisfazione di trovarsi per la prima volta tra le sue figlie dopo l’insigne grazia dell’approvazione, dichiarando però che l’Istituto conservava la sua originaria istituzione. Tutte così rimasero contente: le anziane rassicurate, e le giovani, liete di appartenere a una Congregazione veramente religiosa. La Venerata Madre ricondusse allora il Noviziato al primiero nido di Parma, che subito si arricchì di nuovi valorosi soggetti e, valendosi della concessione fattale dal Rev. Padre Generale, ottenne dal Rev. Provinciale un aiuto continuativo nel Padre Riviera, il quale predicò alla Comunità gli Esercizi Spirituali e coadiuvò efficacemente la Madre Zileri nell’opera di rinnovamento a cui attendeva. Parecchie volte sorgevano delle difficoltà; ma la Madre Zileri rispondeva alle giovani impazienti: «Ah! non sapete che la longanimità è un dolce frutto dello Spirito Santo? Il volere avere troppa fretta nel fare il bene, alle volte fa tornare indietro, o per lo meno fa procedere più lentamente il bene stesso che si desidera». Infatti, con la pazienza, con la sua longani­mità, ottenne che a poco a poco, tutte, anche le più anziane, si conformassero ai suoi desideri, abbracciassero la vita comune, e qualcuna di esse emettesse i Santi Voti di Povertà e Obbe­dienza. E tutto nella più tranquilla pace sotto lo sguardo di Dio; nella più dolce ilarità e col desiderio vivissimo di quella perfezione di vita religiosa che era brillata alla mente della ve­nerata Madre.

Da Milano, nei quattro anni di sua residenza colà, la Madre Zileri dirigeva e incoraggiava le opere apostoliche che, in Parma, le giovani sorelle compivano con quell’ardore che proveniva dalla novella fiamma accesa nelle loro anime. L’Educandato era un giardino che molte sante soddisfazioni dava alle educatrici. Nel 1897 ivi morì, in odore di particolare vir­tù, la giovanetta quattordicenne Isabella Tranquillini e la Madre, avute le memorie scritte dalla Defunta, compose una larga biografia che diede alle stampe, la quale anche oggi molto edifica la gioventù.

La Congregazione delle Figlie di Maria, ravvivatasi e divenuta fiorente, diede una bella dimostrazione nel triduo solenne celebratosi in S. Rocco, nel giugno del 1900, in onore di Cristo Re dei secoli, con invito a tutte le Fi­glie di Maria parmensi, che riempirono il va­sto Tempio di una bianca schiera, mentre i parenti le contemplavano dalle tribune: bella processione interna e al Collegio, rinnovato fervore in tutti. E perchè la carità è attiva, le Figlie di Maria abbracciarono l’opera delle Chiese povere e dei poveri.

L’opera delle Maestre, a cui si davano Eser­cizi annui e conferenze mensili, era pur col­tivata a Parma, con l’Oratorio della Domenica e del giovedì.

Nello stesso anno 1900, si presentò alla Venerata Madre una nuova occasione di onorare No­stro Signore. Essa, dopo matura riflessione, accettò un capitaletto offertole da un piissimo Sacerdote allo scopo di fare un po’ di bene al suo paese natale, a Collecchio parmense, e la nuova Casa fu inaugurata nel 1902. Aprì subito un “Ricreatorio e un Oratorio festivo” al quale affluivano le giovinette del paese; diede mano a un laboratorio che fu pure frequentato da molte giovani; indi inaugurò anche una scuola con le classi elementari IV e V, la quale fu in attività sino a che il Comune non le apri per conto suo. Si ricorda che la buona Madre disse con piena soddisfazione: «Ora l’Istituto è consolidato perché ci occupiamo dei poveri».

E sei anni dopo, il 7 agosto 1908, cinquantesimo anniversario dall’ingresso nell’Istituto della Venerata Madre, questa ebbe la consolazione di vedere benedetta da Mons. Conforti la Chiesa da lei fatta innalzare a Collecchio (che fu la prima ad essere dedicata al S. Cuore di Gesù nella Diocesi di Parma) e di pronunciare ella stessa l’atto di consacrazione dell’Istituto al S. Cuore. Molto bene compirono, con la divina grazia, le Orsoline tra quella cara gioventù collecchiese.

Il 5 novembre 1903, fu la volta della fondazione di Modena, vivamente caldeggiata dal Rev. P. Pessato S. J., il quale avendo assistito ad una festicciola data dalle Educande alle contadinelle dell’Oratorio festivo di S. Michelino, desiderò che tal bene si compisse anche a Modena, allora priva di tal genere di istituzione. La Madre Zileri fu piuttosto riluttante nell’accettare la proposta, perchè preferiva lavorare in profondità anziché in estensione: ma poi dagli incoraggiamenti avuti dai Rev. Padri Cugini e Pessato, e da Mons. Arcivescovo Bruni, e da parecchie famiglie distinte, si mosse ad aprire la Casa, avuta in dono dall’Avv. Forghieri, padre di un’Orsolina. La Casa fu posta sotto la protezione di S. Giuseppe: ivi si aprì subito l’Oratorio festivo, a cui accorsero molte fanciulle da ogni parte della città; in seguito sorse una scuola di lavoro, poi di studio; indi si introdusse la Congregazione Mariana, l’Apostolato della Preghiera, le Crociate dell’Eucaristia e tutte le Opere che l’Istituto promuove con tanto vantaggio delle anime giovanette.

La benedetta Madre in quegli anni, così fecondi di lavoro e di opere sante, veniva provata, permettendolo Iddio, con dolori morali atroci per la sua anima squisitamente sensibile e delicata: dolori a lei procurati per incomprensione, per equivoci, per malintesi, non da persone cattive, ma da persone buone, dalle quali anzi avrebbe potuto attendersi sostegno, conforto e gioia nel suo apostolato. Fu una bufera che durò parecchi anni, ma che cessò come per incanto ad un cenno del Divino MaestroBufera, per altro provvidenziale, perché attraverso di essa la Venerata Madre seppe contenersi e stare intrepida, dando esempi meravigliosi, senza smentirsi mai e senza subire soste o rallentamenti di prudenza, di pazienza, di mitezza, di fortezza e di fiducia illimitata in Dio. La Madre in tale contingenza acquistava col sangue del suo cuore quanto sarebbe stato necessario allo sviluppo ed alla fecondità del suo Istituto.

Nel 1907 per opera della Massoneria ve­niva promossa una indegna campagna contro gli Ecclesiastici e in modo speciale contro gli Istituti diretti da Religiosi e da Suore. Al Col­legio S. Orsola si presentarono un giorno al­cuni Signori che si dicevano, e lo erano real­mente, incaricati dalle Autorità Superiori per un’inchiesta segreta all’Istituto. Chiesero per­ciò di parlare segretamente alle educande. La venerata Madre, udito di che si trattava, rispose con signorile garbatezza che non lo avrebbe potuto permettere. Insistendo essi nella richiesta e levando la voce in tono di autorità, la Madre, senza confondersi e piegarsi, assunse lei pure un tono di autorità, e digni­tosamente oppose un deciso rifiuto, dicendo loro che non avrebbe mai permesso che essi potessero parlare con le educande se non alla presenza sua o dei loro genitori.

La fermezza dignitosa della mirabile donna sconcertò gli inquisitori, si che se ne andarono senza più far motto. E la cosa non ebbe se­guito. I parenti delle fanciulle, venuti a cono­scenza del fatto, non poterono che approvare e applaudire la fermezza saggia della venerata Direttrice.

Anche il Modernismo in quegli anni turbò la Chiesa. La Venerata Madre, senza preten­dere di entrare né essa, né le sue Figlie, nel vivo della questione, era incrollabile nella sua fede alla parola del Vicario di Gesù Cristo e trepidava per l’integrità della dottrina, te­mendo che qualche vento delle novità condan­nate e sospette penetrasse in qualche Casa di S. Orsola. Moltiplicava perciò le raccomanda­zioni, anche per iscritto, che si stesse bene unite al Ѕ. Padre,  e lontane da ogni influenza di qualsiasi persona anche ecclesiastica, la cui dottrina non fosse cattolico-romana. E si doleva assai (ne fanno fede le sue lettere) di certe confusioni di idee e per conseguenza di indirizzo e di tattica falsa che si andavano in quei giorni manifestando, anche fra certi cat­tolici più in vista. Raccomandò alle Superiore che leggessero e facessero leggere l’Enciclica «Pascendi». Molto si adoperò per il ravvedi­mento di una sua antica alunna intelligente assai, ma che si era lasciata sedurre dalle nuo­ve dottrine; e non si diede pace fiпché non la vide ricondotta al dolce ovile di Cristo.

Allo scopo di fissar bene lo spirito della Regola, sì che non desse luogo a interpreta­zioni poco esatte, la Madre Zileri si propose di illustrare ogni punto del testo stesso; per­ciò dopo avere fervidamente pregato e fatto pregare, riunì a consiglio le sue Consultrici, le Superiore e le Assistenti delle Case Filiali sotto la presidenza del Rev. Padre Riviera. Indi, accintasi all’opera, commentò numero per nu­mero la Regola, secondo le dettava lo spirito di Dio e la lunga esperienza di governo; poi mandò a Roma il suo manoscritto allo stesso Rev. Padre Corrado che, anni prima, aveva esa­minato le Regole. Egli lo approvò e lo lodò. Il 21 novembre 1919, sessantesimo anno della sua Professione, la Madre Zileri distribuì il libro ai vari membri del suo Istituto.

Frattanto, la cara Madre, constatava una di­minuzione della facoltà visiva: in ambo gli occhi si andava formando la cataratta sicché, a poco a poco, essa sentiva di diventare cieca. Calma e serena prese un provvedimento; no­minò Vice Priora Generale la Madre Maria A­gnese Cioja. Le sue figlie caldamente prega­vano. Dopo due anni il Prof. Saltini, più che settantenne, le asportò le cataratte e la cara paziente riebbe l’uso degli occhi e poté ri­prendere le consuete occupazioni. Comune fu l’esultanza, vivo il ringraziamento a Dio.

Anni penosi per tutti, ma specialmente per i capi di Istituti, furono quelli della grande guerra, dal 1915 al 1918. La buona Madre, con calma fidente, con preghiera assidua, con operosità, guidò attraverso la burrasca la sua navicella. Con raccomandazioni e con let­tere esortava le sue figlie all’orazione, alla pe­nitenza, alla prudenza, alla mortificazione della curiosità per non spigolare né raccontare notizie. A Collecchio, a Modena, a Milano, in­coraggiò le buone iniziative che si impresero per le famiglie dei richiamati, per i profughi, per i feriti, per i pacchi ai soldati, per gli Al­tari da campo… A Parma venne ceduto una parte del Collegio come ospedale della Croce Rossa. A Collecchio fu aperto un numeroso Asilo per i bimbi dei soldati; poi la casa venne trasformata prima in Ospedale per i mala­rici, quindi in Ospedale Contumaciale, di cui la Madre Zileri di gran cuore permise che pren­dessero la direzione e l’assistenza le sue figlie Orsoline, divenute allora suore di carità. Esse rimasero impavide in mezzo ai malati di peste polmonare e ai morenti, compiendovi un bene immenso, non solo a pro dei corpi, ma altresì delle anime. La cara Madre stessa vi si recava di frequente; si compiaceva di vedere le sue figlie cosi piene di zelo e di sacrificio e le ani­mava sempre più e con la parola e con l’esem­pio; di sua mano serviva qualche volta il cibo agli ammalati; avendo per tutti una buona pa­rola di conforto e di speranza. “Quanto edifi­cava”, esclama la Superiora di Collecchio in una sua memoria, in questi suoi atteggiamenti quella veneranda donna di settantanove anni! E il Cuore di Gesù le difese dal contagio, le sosten­ne con forza soprannaturale, si che, sebbene in piedi dalle tre e trenta del mattino e in corsa perpetua tutta la giornata non soccom­bettero alla fatica. In quei due anni di occu­pazione passarono là quattromila soldati: a tutti si fece del gran bene; il S. Sacrificio della Messa venne celebrato in quattro sale diffe­renti, a fine di poter dar luogo a Comunioni generali, e quasi nessuno rifiutò i Sacramenti. La Madre Zileri procurò loro delle Mission­cine; si ripeté più volte la consacrazione delle famiglie al S. Cuore e più di seicento sottoscris­sero il documento ricevendo dalla venerata Ma­dre l’immagine del Cuore SS.mo di Gesù che inviarono alle loro lontane famiglie accompa­gnata da lettere commoventi.

Fu in seguito ad una opera buona com­piuta dalla Madre Zileri, che essa ebbe la con­solazione di veder stabiliti a Parma i Padri della Compagnia di Gesù. Essa offrì la villa di S. Michelino Parmense per abitazione al Col­legio Arici dei Gesuiti di Brescia, il cui locale era stato requisito. Il Rev.mo Padre Battisti fu riconoscentissimo alla Madre che gli ce­dette di “motu proprio” per i suoi giovani quel­l’abitazione campestre, dove essi passarono due anni beati, floridi per salute fisica e spirituale. Orbene, di questo atto di carità il Signore la premiò con l’adempimento del suo desiderio. Infatti, i Padri dimoranti a S. Мichelino per ragioni del Collegio, trovarono necessario a­vere una residenza a Parma; e la residenza benché modestissima l’offri loro la Madre Zi­leri. I Padri, dal 21 novembre 1916, funzio­nano la loro bella Chiesa di S. Rocco, compien­dovi un bene immenso a vantaggio delle a­nime.

Rifulse la virtù della Venerata Madre nelle trattative e nell’esperimento di unione delle Orsoline di Parma con quelle di Piacenza: unio­ne che incominciata appena, si manifestò di non pratica attualità, per cui le due Comunità dovettero riprendere ciascuna la propria au­tonomia. La Venerata Madre, intenta solo a procurare la maggior gloria a Dio e il maggior bene alle anime, mise in atto tutte le sue ener­gie per riuscire allo scopo, ma le difficoltà sorte erano di natura tale da consigliare di non più insistere. La Divina Provvidenza evi­dentemente aveva preparato un’occasione pro­pizia perchè la Madre avesse l’opportunità di esercitare in quella contingenza le più belle virtù, lasciando alle sue figlie esempi di umiltà, di prudenza, di zelo e di fiducia in Dio vera­mente ammirabili.

Nell’inverno 1922-23 la buona Madre sof­frì disturbi cardiaci che le davano affanno di respiro e le impedivano il sonno. Le due infermiere erano edificate del suo spirito di ora­zione. « Offriamo, al Divin Padre, tutte le Messe che si celebrano nel mondo, diceva, e si conso­lava di essersi abituata a pregare specialmente col terzo modo di orare di S. Ignazio. A sta­gione migliore parve riaversi, tanto che il 13 luglio poté recarsi a Piacenza per assistere alla Professione di due Novizie; e fece in Noviziato un’ultima fervente esortazione sulla carità, che fu come il suo testamento spiri­tuale.

Pochi giorni dopo incominciò nel Col­legio un Triduo di Esercizi spirituali chiusi per le Figlie di S. Angela Merici, predicati da Mons. Savazzini. Il 24, secondo giorno del triduo, la buona Madre si reca in mezzo a quelle figliuole, e parla loro con tanto fervore che le esercitanti non poterono non ammirarne la freschezza di mente e l’alacrità dello spirito. Ma il giorno seguente, dopo la S. Messa e la predica da lei ascoltata, cominciò a sentirsi male e poco dopo, in seguito a una inie­zione fattale dal medico, cadde in un deliquio che le durò a lungo. A poco a poco però la Venerata Madre si riebbe, ricominciò a sorri­dere amabilmente, si che la crisi parve risolta.

Dopo tre giorni poté alzarsi un poco, e il 31 stava proprio benino. Era la festa di S. Ignazio, la vigilia del suo dì natalizio, ed essa tutta si animava, ricordando che la sua vita terrena aveva avuto principio nel giorno della liberazione di S. Pietro dal carcere. Ma il gior­no seguente, proprio in quel giorno tanto lieto per la sua Comunità, ecco ricomparire sintomi penosi di debolezza; senonché le ridonò un po’ di vivacità l’annunzio dell’arrivo del Padre Abate Serafini, il quale avrebbe risolto l’affare spinoso dell’unione. E lo ricevette nella sua camera il giorno dopo: gli consegnò il proprio memoriale e si trattenne con lui circa tre quar­ti d’ora, parlandogli con perfetta lucidità di mente, sicché poterono intendersi perfetta­mente con reciproca soddisfazione.

Nel pomeriggio l’inferma fu visitata dalla Rev.ma Madre Generale, alla quаle, pur trat­tando gli affari correnti, mostrò tutta la sua personale deferenza e il suo riconoscente af­fetto per le amorose cure da essa ricevute. La sera si sentì rinfrancata, tanto che recitò il Rosario con la sua Segretaria a voce alta e si­cura. Più tardi però cominciò ad avere alluci­nazioni, indi si manifestò un’alta febbre con accessi di delirio; e il medico dichiarò trat­tarsi di bronco-polmonite grave.

Al mattino si telefonò e telegrafò alle Case dell’Istituto, e si pregò il Rev. Superiore dei Gesuiti, Padre Cattaneo, di amministrarle il S. Viatico, che la Venerata Inferma ricevette con viva fede e devozione. Accorse anche Мons. Savazzíni che le ricordò esser quello il primo venerdì del mese di agosto, e che il S. Cuore ha promesso ai suoi devoti di consolarli in tali momenti, al che Ella rispose:«Lo so che il S. Cuore mantiene le sue promesse».

Da S. Michelino tornò subito la Superiora della Casa Madre, Maria Agnese Cioja, partita la sera avanti e da Collecchio altre Sorelle con la Superiora. Questa chiese alla moren­te: « Come sta, cara Madre? » — «Bene, tanto bene, rispose, il Padre Cattaneo mi ha detto poche parole, ma che mi hanno confor­tata tanto, poi mi ha portato il Signore Gesù».­ Replicò la Superiora di Collecchio: «Dunque Madre, non si sente male? » — « Niente di male, tutto di bene! ». E lo disse con tanta sicurezza, che lasciò pensare che il Signore la consolasse con speciali conforti.

Più tardi, i dolori rincrudirono, la tempe­ratura arrivò quasi a 41°, e la paziente escla­mava : « Care Sorelle mie, aiutatemi! non ne posso più! se si potesse trovare qualche cosa di fresco… credo che il Signore ne sarebbe con­tento ». Quando il Rev. Padre Cattaneo venne per amministrarle l’Olio Santo, parve non capisse del tutto il suo stato, ma, allorché si re­citò il Confiteor, la Venerata Madre l’accom­pagnò con voce chiara, rispondendo a tutte le preghiere : presente al S. Rito era la Co­munità piangente, che pareva non potersi ras­segnare a perdere tanta Madre.

Dopo l’Estrema Unzione, il Padre l’interrogò se fosse disposta a vivere o a morire secondo piacesse a Dio; ed essa rispose che era tutta abbando­nata nelle mani del suo Signore. Poi si assopì. Ad un tratto apre gli occhi, fissa un punto della camera, tende le braccia e con voce forte e­sclama: «Ave Regina coelorum, Ave Domina Angelorum...» e prosegue l’Antifona aggiungen­dovi anche il Versetto. Ma già quella cara vita andava spegnendosi; fece un bel segno di croce, cominciò a recitare i sei Pater, Ave e Glo­ria che era solita di recitare ogni giorno per l’acquisto delle indulgenze contando, come era solita : “Uno… due… tre…”, ma non andò più avanti. Rispose con materno sorriso alla do­manda che le fece la Madre Cioja di perdono dei dispiaceri che avessimo potuto darle e alla preghiera di ricordarsi in Paradiso…. Le si fecero recitare le ultime giaculatorie e l’atto di accettazione della morte… poi entrò in agonia. Furono a pregare accanto al letto della morente l’Arcivescovo Mons. Conforti, il Rev. Padre Serafini ed altre persone sacre auto­revoli.

Alle 20,40 di quel giorno, 3 Agosto 1923, la Madre Zileri si addormentò nella pace del Signore.

Le sue figliuole, che circondavano il letto, scoppiarono in pianto dirotto; e Mons. Savazzini, a confortarle, ben conoscendo la santis­sima vita della Madre e commosso allo spetta­colo soavissimo della sua morte, dopo aver detto alle sue figlie piangenti : « Non pianga­no, perché la loro Madre ha conservata intatta l’innocenza battesimale : essa è già in Paradiso ». Si sentì ispirato di intonare il «Te Deum».

Attorno alla Venerata Salma si davano il turno le Consorelle pregando e piangendo, e un senso di pace raddolcì l’animo di tutte. Il giorno 6, destinato ai funerali accorsero parecchie Madri e Sorelle dalle varie Case. Trasportata la Salma nella Cappella   domestica,  vi si    celebrarono quattro  Messe di suffragio,  una delle quali fu letta  dal Rev. Padre  Battisti,   Superiore  della Provincia  Veneta della Com­pagnia di Gesù, venuto appositamente da Venezia.   Al Vangelo egli tratteggiò in modo  com­movente  la fisionomia spirituale della Defunta. Indi dal Sostituto del Parroco, assente, fu rile­vata la Salma, la quale, seguita dal corteo della Comunità e delle Alunne, fu portata a brac­cia dalle Sorelle alla vicina Chiesa di Ѕ. Rocco, ove furono celebrate solenni esequie. Conso­lante fu l’intervento spontaneo del Clero seco­lare, delle rappresentanze degli Ordini e Istituti Religiosi, delle molte persone affezionate alla venerata Defunta e all’Istituto. Terminate le esequie, si riformò il funebre Corteo e mosse verso la «Villetta», il Cimitero di Parma. Colà giunto, si diresse all’Avello delle Orsoline, pas­sando sopra l’ipogeo di Casa Zileri, ove riposa la Salma del Venerato Padre Giulio, Babbo della Defunta Madre Lucrezia.

La venerata Madre dorme ora del sonno austero della morte nell’Avello delle Orsoline del S. Cuore. Ma le sue figlie hаnno una spe­ranza  vivissima, una fiducia profonda che Id­dio voglia presto trasformare quel sepolcro in un Altare.

Questo voto le Orsoline di Parma depon­gono riverenti ai piedi augusti del Vicario di Cristo, e pregano il Divin Cuore affinché sia conosciuta da tutta la Chiesa e glorificata con gli onori degli Altari Colei che, nella pratica più elevata delle virtù cristiane e nell’aposto­lato attivo e fecondo di tutta la sua non breve vita, ha saputo essere sulla terra un agente di Dio e il profumo di Gesù Cristo.

La Venerata Madre passò i suoi giorni ani­mata da una fede vivissima che la penetrava tutta, attingendo dalla fede quello spirito di abnegazione, di carità e di zelo che divennero una sua bella caratteristica.

Intelligenza aperta e non comune, spirito calmo e sereno, cuore grande e sensibile, pa­dronanza di sé e dei propri atti,  signorilità ele­gante, associata ad una incantevole semplicità infantile, umiltà profonda e sentita, prudenza eccezionale, fermezza di volontà, fortezza di animo a tutta prova, sono queste le doti eccelse che resero luminosa la figura di Madre Maria Lucrezia Zileri, nella quale i bei doni onde natura le fu larga, vennero infinitamente ele­vati e impreziositi dalla azione soprannaturale della grazia che investi e penetrò l’anima di lei, Donna veramente grande, tutta dedicata al servizio di Dio e della Chiesa.

Fra poco si inizierà, presso il Tribunale Ecclesiastico di Parma, il Processo informativo sulla vita e sulle virtù della Venerata Madre. È il primo passo della lunga procedura canonica che conduce al riconoscimento ed alla esaltazione della santità dei Servi di Dio. Piaccia al Signore che fra non molto la parola augusta del Vicario di Cristo possa additare a tutta la Chiesa e a tutto il mondo Madre Lucrezia Zileri quale Eroina di virtù cristiane e quale interceditrice presso Dio.

Le Orsoline di Parma, che nella Zileri venerano con affetto di figlie la Madre tenerissima, la saggia Confondatrice del loro Istituto e la Religiosa eccezionalmente edificante per spirito di fede e di sacrificio, invitano quante sono anime amanti del loro Istituto ad associarsi ad esse nella preghiera a fine di ottenere da Dio Onnipotente quanto è nei loro voti.

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Con Approvazione Ecclesiastica